Un piccolo principe, Lucio Corsi, entrato nel cuore degli italiani con la sua partecipazione a Sanremo 2025, ma artista con oltre dieci anni di storia musicale alle spalle.
Al grande pubblico si è proposto in punta di piedi, con apparizioni anche nelle vesti di modello per Gucci nel 2018 e nel ruolo di attore in ‘Vita da Carlo 3’ con Verdone che ne ha predetto di fatto la partecipazione al Festival.
La vera identità della nuova stella di nome Lucio della musica italiana è quella comunque di un cantautore d’altri tempi, ‘animo gentile’ contrapposto agli stereotipi ‘anima d’annata’, singolare con quei look vintage, a metà tra un Pierrot e un Paul Stanley dei Kiss. Quasi un personaggio delle favole contestualizzato in quella sua poesia musicale dalle atmosfere surreali; così come tali sono i suoi amici, immaginari e reali, che lo accompagnano, dal mitico Topo Gigio (con cui si è esibito nella serata cover in un’inedita ‘Nel blu dipinto di blu’, coronando -come ha rivelato- di vivere “un sogno così che non ritorna mai più”) a Tommaso Ottomano e Francis Delacroix, quest’ultimo fotografo al quale ha dedicato l’omonimo brano nell’album etichetta Sugar in uscita il 21 marzo (in formato digitale e cd digipack) che porta il titolo del pezzo classificatosi secondo a Sanremo, “Volevo essere un duro”.
Toscano, di Vetulonia provincia di Grosseto (in Maremma, come tiene a sottolineare), Lucio Corsi, con la disinvoltura e l’umiltà di un artista puro, ha reso singolare persino la conferenza stampa di Sanremo, quando ha regalato la chicca di cantare unplugged proprio il brano ‘Francis Delacroix’ prima di rispondere, con il garbo e la sincerità che lo contraddistinguono nel quotidiano, alle domande dei giornalisti. E’ vestito al suo solito modo da cartoon (lui, che -come precisa e scrive sotto la scarpa, appartiene a Andy, il bambino di Toy Story), ovvero con abiti talora da lui stesso approntati, a dispetto di quell’esperienza fashion vissuta anni fa scelto all’epoca da Alessandro Michele per la campagna Resort 2018 di’ Gucci.
A Sanremo, Lucio Corsi ha fatto incetta di premi: dal premio della critica Mia Martini, al ricoscimento di Assomusica e della PMI etichette indipendenti, oltre al secondo posto tra le cover dietro Giorgia e Annalisa e, per gli annali, nella classifica generale alle spalle di Olly per appena una manciata di voti. Adesso la celebrazione del suo talento è conclamata dai sold out delle prime date del suo tour, dal successo del videoclip con Pieraccioni e Ceccherini (“che divertimento!” -racconta- “loro sono come il gatto e la volpe”), proprio mentre fioccano gli streaming e vola la campagna lancio del suo album.
“Ho deciso di fare musica quando ero ragazzino dopo aver visto il film The Blues Brothers con mio padre. Percepivo come supereroi quei personaggi che superavano ogni ostacolo cantando e ballando. Volevo essere come Elwood. Mi sono detto, se si può vivere così allora voglio essere un musicista”.
“Ai miei genitori debbo tanti ringraziamenti, mi hanno dato fiducia quando avevo 18 anni. Mi hanno insegnato che non bisogna puntare a tagliare un traguardo, ma a delle linee di partenza”.
Sulla sua esperienza sanremese commenta: “E’ come se l’esperienza sul set di ‘Vita da Carlo’ mi avesse preparato. Così ho vissuto l’occasione, senza aspettative. E’ stato bello incontrare gli altri cantanti e condividere l’avventura, con spirito di amicizia. La musica infatti non si può considerare una gara, io non vivo la competizione”.
L’amicizia regna pure nelle canzoni contenute nell’album: “Volevo essere un duro è un disco che parla d’infanzia, di amicizia e di amore. Nel mezzo ci sono ricordi personali mescolati a storie di altra gente. Non a caso sono presenti personaggi che ho conosciuto, da Rocco il bullo della scuola media al Re del rave, sagoma romantica e sgangherata, e pure Francis Delacroix, mio grande amico come Tommaso Ottomano con cui scrivo le canzoni e che ha diretto anche la clip con Pieraccioni e Ceccherini”.
Un polistrumentista, che non si lascia mai cogliere impreparato dall’ispirazione: “Scrivo stando più tempo possibile al pianoforte o alla chitarra. Se l’ispirazione ti coglie e non hai gli strumenti sotto mano ci fai poco. Ti devi far trovare al posto giusto, cioè sugli strumenti”.
In occasione della serata finale a Sanremo ha suonato una chitarra dal design futuristico, modello Rock Oval costruita da Antonio Vandrè Pioli, il liutaio partigiano conosciuto con lo pseudonimo di Wandrè, realizzata tra il 1957 e il 1968: “Per l’ultima notte all’Ariston serviva tirare fuori Excalibur dalla custodia”, ha scritto sul suo profilo Instagram, aggiungendo in un altro post -forse non troppo a caso- i versi “…e nei sogni di bambino, la chitarra era una spada e chi non ci credeva era un pirata..”