“Identità mutevoli” è il titolo della mostra di Carla Cacianti, esposta sino al 17 ottobre al Macro di Roma. “Per questo nuovo progetto, frutto di una lunga riflessione sul tema dell’identità personale, ho voluto raccogliere vari contributi artistici. La mostra si articola in quattro momenti: la fase della fotografia con il laboratorio artistico pre-vernissage; il vernissage, che include anche la Performance Corpi di Ilaria Puccianti con Caterina Di Rienzo e la partecipazione di Gualtiero Tonna, scrittore e poeta; il finissage in calendario il 13 ottobre; infine, il 7 dicembre, la presentazione del catalogo”.
Tra le suggestive luci della Capitale, l’artista racconta il suo nuovo percorso.
“Identità mutevoli, a differenza del precedente progetto artistico, è un lavoro sulle identità individuali in cui non ritraggo la psiche della persona, ma rappresento dei possibili movimenti psichici dell’umanità. Sono foto in bianco e nero di uomini e donne, estroflessioni su carta, da qui la denominazione di foto-sculture per i piccoli volumi creati, in un certo senso tridimensionali. Ho coinvolto Ilaria Puccianti, una danzatrice-coreografa che si rifà alla ricerca della danza impegnata, la quale, nella performance, con una compagna di ballo, propone di fatto una simile scomposizione della figura umana attraverso il linguaggio espressivo del corpo; e poi Gualtiero Tonna, che con una sua poesia dal titolo ‘Specchi’ arriva attraverso le parole al mio stesso discorso. Facendo un salto indietro, questo tipo di linguaggio è iniziato con il progetto ‘Ferite’ nel 2015, un’idea su cui lavoravo da tempo, volevo trovare una metafora visiva per dire della violenza esercitata sulle donne. In principio lavoravo su scomposizioni di tipo geometrico, poi ho cominciato a spiegazzare in maniera piuttosto casuale, ma non mi convinceva, fino ad arrivare a questo tipo di linguaggio espressivo ed estetico. Partendo dalla posa, nella fase degli scatti, fino alla piega della foto stampata. Il primo allestimento fu accostare la foto piegata a quella piatta. Poi, attraverso la sperimentazione su una particolare carta cotone, sono arrivata alla foto-scultura su grandi stampe”.
Come nasce la passione per l’arte?
“Ho studiato arte e ho iniziato lavorando in gruppi d’avanguardia e di ricerca. Ero molto giovane, in un’epoca ricca e effervescente. Quando si cominciava a parlare di design, iniziai un percorso in quell’ambito e per molti anni ho lavorato come visual designer in Italia e all’estero, continuando però a portare avanti la mia ricerca sull’arte, ricerca cui mi dedico totalmente ormai da una decina anni. Oggi, abbandonato il design, mi piace però disegnare i miei cataloghi, che seguo dalla A alla Z. Il prossimo dicembre, sempre al Macro, presenterò il catalogo di “Identità’ Mutevoli” assieme a Susanna Vallebona, ideatrice e curatrice della biennale internazionale”.
La scelta di fotografare i visitatori interessati a partecipare al progetto rendendoli così protagonisti?
“Le persone fotografate sono molto diverse tra loro, anche per età. Mi deve colpire lo sguardo nella scelta del soggetto, che mai è un professionista della posa, ma gente che fa altro nella vita. Non tutti sono disponibili, chi accetta poi si entusiasma e mi ringrazia. I ritratti sono posizionati nella grande sala dove c’è una parete che funge da quinta. E lo spettatore che guarda l’immagine esposta, la osserva attraverso più punti di vista a seconda dalla posizione in cui si pone. L’opera d’arte, del resto, non per forza deve essere bella, ma deve suscitare emozioni, indurre a un ragionamento, solleticare l’intelletto”.
Tra i progetti anche una ricerca sul Mediterraneo…
“Sì, una importante ricerca sul Mediterraneo che presto vorrei trasformare in esposizione, anche se mi interessa sempre moltissimo l’umano, ovvero ciò di cui l’uomo è portatore. Personalmente ho approfondito l’argomento facendo un lavoro di introspezione sia con la meditazione e lo yoga sia con un lavoro psico-analitico, strumenti di profonda conoscenza da cui prendono spunto molti dei miei lavori”.
Immaginare di fotografare il volto dell’Italia?
“L’Italia è una continua sovrapposizione di cose, un’immagine che raffigura degli edifici che vivono una fase critica anche perché, a livello diffuso, credo che ci sia poca consapevolezza della straordinaria storia che abbiamo alle spalle”.